Un elemento che sempre più si fa strada nei ragazzi molto giovani è il rifiuto di partecipare alle gare, non è ancora chiaro se per paura, frustrazione o reale disinteresse. Se non sono bravo abbastanza è meglio non provarci.
Però dietro quegli sguardi apparentemente indifferenti si nasconde spesso una sfida o una richiesta di aiuto. Come dargli una spinta giusta, senza rischiare di costringerli a fare qualcosa che non vogliono e che li porterebbe a mollare lo sport? Di certo ci vuole molta pazienza e la consapevolezza che, per alcuni, un no rimane tale. Diviene allora necessario individuare nuovi obiettivi, nuovi traguardi programmati nel tempo, raggiungibili ma non per questo troppo semplici, perché ottenere ciò che si vuole senza la minima fatica, alla lunga non dà soddisfazione. L’elemento competitivo non deve essere riconosciuto solamente nella competizione sul tatami, ma in una sfida con se stessi, che può portare a raggiungere obiettivi altrettanto importanti e ricoprire ruoli utili nel sistema sportivo nel quale si è inseriti. Che cosa sarebbe infatti lo sport senza tutti i suoi attori? Giudici di gara, presidenti di giuria, giornalisti, fotografi, allenatori, dirigenti… c’è un posto per tutti e non è detto che chi intraprende una strada di questo genere non si riveli la persona perfetta per un determinato ruolo. Tutto sta nel capire quale sia il proprio posto nel sistema societario.